Museo Novecento
Il Museo Novecento è collocato all’interno dell’antico Spedale delle Leopoldine di Piazza Santa Maria Novella. Uno dei musei più belli di Firenze, raccoglie circa 300 opere ed è interamente dedicato all’arte italiana del XX secolo che vide Firenze come centro della scena culturale anche internazionale. I 15 ambienti espositivi sono allestiti secondo un percorso a ritroso, partendo dagli anni ‘90 fino ai primi decenni del ‘900. Si inizia al primo livello con la sala dedicata a “Firenze alla Biennale di Venezia nel 1988”.
Lungo il loggiato che affaccia sulla corte interna del palazzo è possibile ammirare l’installazione “Two in one” di Marco Bagnoli del 1987, in cui l’artista affronta il tema della parabola, frequentemente ripreso durante gli anni ’80-’90. La superficie concava lucida, arricchita qui con l'aggiunta di un corpo sporgente, assorbe l'immagine dell’ambiente circostante e lo spettatore poi lo getta nuovamente invertita, ridefinendo le relazioni spaziali e percettive. Un’altra installazione è quella di Maurizio Nannucci intitolata “Everything might be different” del 1988, visibile lungo la parete esterna sottostante il loggiato. Un’opera d’arte concettuale nata per ridefinire lo spazio architettonico, l’espressione linguistica viene tradotta in una cromatica e luminosa scritta al neon. Si continua per le sale dedicate ai progetti dei gruppi esponenti dell’Architettura Radical, definizione coniata nel 1970 dal critico d’arte Germano Celant, che ebbe origine a Firenze per merito di giovani studenti della facoltà di architettura negli anni delle rivoluzioni studentesche. Nel 1966 fu fondato il gruppo Superstudio da Adolfo Natalin e Cristiano Toraldo di Francia e il gruppo Archizoom da Andrea Branzi, Gilberto Corretti, Paolo Deganello e Massimo Morozzi. I progetti Radical furono presentati al Museum of Modern Art in occasione della mostra “Italy: The New Domestic Landscape. Archievement and Problems of Italian Design” promossa da Emilio Ambasz nel 1972, in cui si confrontavano i tre atteggiamenti del design italiano dell’epoca: quello conformista, quello riformista e quello di contestazione. Si passa poi alla collezione di Carlo Ludovico Ragghianti con la parte intitolata “Artisti per Firenze, 1967”. Nel percorso espositivo incontriamo la “Macchina inutile” di Bruno Munari del 1951 e “Tensione radiale” di Franco Grignani del 1965. A lasciare senza parole è la tela di Lucio Fontana “Concetto spaziale. Attesa” del 1965. Molto belli “Plurimo 1962/63. n°7. Opposti” del veneziano Emilio Vedova e la scultura “Ritratto dell’architetto Giovanni Michelucci” di Venturino Venturi del 1952. L’ultima sala al primo livello è quella dedicata ad Alberto Magnelli. Artista fiorentino, inizialmente influenzato dalla Metafisica di Giorgio De Chirico e di Alberto Savinio, a partire dagli anni ’30 ebbe residenza fissa in Francia dove entrò in contatto con le grandi avanguardie internazionali. In particolar modo si avvicinò al Cubismo Orfico il cui maggior esponete fu Robert Delaunay, che parte dalla scomposizione dell’oggetto reale conferendogli una forza dinamica, in una visione simultanea di tutte le facce che definiscono i vari volumi e dei tempi successi in cui lo abbiamo conosciuto. Tali influenze, con l’aggiunta del rigore strutturale e del senso del mistero dato dalle maschere africane, passione diffusa all’epoca tra molti artisti, primi tra tutti Matisse e Picasso, portano Magnelli al raggiungimento di una pittura personale in cui il colore vibrante rende le sue composizioni dinamiche. Tra le opere esposte di notevole pregio il dipinto “Explosion lyrique n°7” e “Peinture n°0529”, in cui sono evidenti i riferimenti alla linea curva e al colore del grande Matisse, fusi con la tradizione toscana che Alberto Magnelli non abbandonerà mai. Si prosegue al secondo livello con la sala intitolata “Moda: La nascita di Pitti” e successivamente le sale dedicate alla collezione di Alberto della Ragione, donata al Comune di Firenze nel 1970. Sono presenti opere delle Scuola Romana come “Autoritratto” di Mario Mafai del 1928 e le importanti opere della tendenze artistiche formatisi alla fine della seconda guerra mondiale. Il primo movimento è quello del Ritorno all’ordine, fenomeno comune a tutta l’Europa, nato in opposizione all’avanguardia, richiama lo studio dei pittori del ‘300 e del ‘400 per trarne i valori puri e volumetrico-spaziali, un recupero della tradizione artistica italiana. Il secondo è il gruppo artistico denominato Novecento unitosi nel 1922 a Milano. Pur non avendo una precisa ideologia e pur non essendo una vera tendenza, era molto apprezzato dal partito fascista perché appariva contraddistinto dal Ritorno all’ordine. Indica la produzione artistica italiana tra gli anni ’20 e ’40 e gli artisti che vi hanno aderito sono talmente disparati e differenti da non poter esprimere su di loro un giudizio globale. Tra le tante opere citiamo “Natura morta” di Giorgio Morandi del 1923/24 e “Giovane donna” di Carlo Levi del 1934. Si continua con il “Secondo Futurismo”. Le opere del gruppo formato da Fillia, Fortunato Depero e Enrico Prampolini, sono un ricco esempio della seconda fase del movimento, iniziata nel 1929 con la pubblicazione del “Manifesto dell’Aeropittura”. Nato nel contesto del primo Futurismo, i tre artisti continuano ad usare un linguaggio in cui frammentazione, simultaneità e miscela di generi sono ampiamente impiegati. Dopo una fase orientata all’astrazione meccanica dei primi anni ’20, l’opera di Depero sembra essere stata influenzata da una visione immaginativa non molto lontana dagli sviluppi del Surrealismo. Tra le opere merita di essere nominato il dipinto del 1932 intitolato “Nitrito di Velocità”. Si passa a “Les Italiens de Paris” con le opere dei maggiori artisti italiani trasferitisi a Parigi, tra questi Giorgio De Chirico, Alberto Savinio, Gino Severini, Massimo Campigli, Mario Tozzi e Filippo De Pisis. La distintiva caratteristica dei dipinti di questi artisti stava nella ripresa del classicismo italiano sebbene arricchito dalle influenze francesi. Tra le opere esposte vi è “Les bains mystérieux” del 1934-1936 unico dipinto di De Chirico. Particolari “I Tondini”, una serie di 18 ritratti realizzati tra 1939-1943 da Ottone Rosai, poeta, critico ed artista. L’ultima sala del secondo piano è dedicata a gli “Aggiornamenti sulle avanguardie internazionali”, in particolare alle questione del Futurismo a Firenze considerato come una corrente a parte nell’ambito delle avanguardie. Nel 1909, contemporaneamente alla pubblicazione del “Manifesto del Futurismo” di Filippo Tommaso Marinetti sulla prima pagina del “Le Figaro”, sulla rivista “La Voce” Ardengo Soffici pubblica la serie di articoli “L’impressionismo e la pittura italiana”, nei quali i pittori toscani, ritornati da Parigi, proclamano il bisogno da parte della cultura artistica di un rinnovamento basato sulle fortunate intuizioni degli impressionisti. Tali caratteristiche distinguevano il Futurismo di Soffici da quello di Milano, che sembrava più attratto dalle città industriali e dal mito della velocità, influenzati dalla composizione divisionista del colore e collegati a un’idea del manifesto come il principale mezzo di propaganda. Firenze è in quegli anni aperta alle influenze artistiche internazionali, infatti il tradizionale disegno toscano si rinnova sotto l’influenza di Cézanne e del post-impressionismo francese. Rivelanti le figure di Primo Conti che insieme a Mario Nannini e altri giovani artisti pubblica “L’Italia Futurista” (1916-1918) con lo stesso spirito grintoso di “Lacerba” (1913-1915). Nelle opere volumetriche di Conti si uniscono le iniziali influenze della decomposizione di Boccioni e la comunicazione del movimento di Marinetti con la solida costruzione, la presenza di lettere e parole scritte e l’inserimento di collage di vari materiali, compresi ritagli di giornali. Mario Nannini può essere associato al diffuso interesse francese verso l’esplorazione artistica, soprattutto per quanto riguarda le innovazioni del Cubismo. Si conclude il tour di questo splendido museo, che dà una miriade di spunti di approfondimento, con la sala al terzo livello dedicata a “L’idea di Firenze nel cinema”, dove è possibile assistere a proiezioni incentrate sul tema.