Museo Archeologico Nazionale di Napoli
Il Museo Archeologico Nazionale di Napoli discende dal Real Museo Borbonico. La fondazione del Museo Borbonico risale al 1777, anno in cui il giovane re Ferdinando di Borbone decise di riunire in una sola sede il Palazzo degli Studi, che dal 1615 aveva ospitato l’Università di Napoli, e le sue ricche raccolte museali d’arte antica e moderna. Il Museo Borbonico era molto più di un museo per la pluralità delle funzioni svolte. Infatti insieme al museo trovarono collocazione la Real Biblioteca Borbonica, la Reale Accademia di Pittura, l’Accademia Ercolanese, più vari laboratori di restauro. Un vero e proprio palazzo della cultura e l’antico obiettivo di dare prestigio a una casata dinastica attraverso la formazione e l’esposizione di collezioni d’arte. A tal proposito il re Ferdinando sancì che la proprietà del Museo rimanesse legata alla singola persona del re. L’altro aspetto che rese il Museo Borbonico molto di più di un semplice museo fu la nascita nel 1807 della struttura “Museo Reale e Soprintendenza agli scavi dl Regno”.
Le funzioni facenti capo la Museo andavano dagli scavi archeologici fino alla tutela del patrimonio artistico, senza dimenticare il controllo sul mercato dell’arte. Negli stessi anni, ad opera del noto archeologo, avvocato e antiquario Michele Arditi, si fece strada l’idea che il Museo potesse e dovesse rappresentare la storia nazionale del Regno. Il primo assetto espositivo delle raccolte fu realizzato in due riprese tra 1807 e il 1828 circa. Dopo l’Unità, nel 1860 il Museo prese la denominazione di Museo Nazionale. L’archeologo e numismatico Giuseppe Fiorelli, già noto per il ruolo importante che ebbe nella fondazione del Museo Nazionale di San Martino, realizzò un riassetto generale e ne fu direttore dal 1863 al 1875. Più incisivo fu il riordino eseguito tra il 1901 e il 1903 dallo storico di antichità Ettore Pais. Dopo la seconda guerra mondiale, ultima a lasciare il Palazzo degli Studi fu la Pinacoteca e in seguito le sezioni di arte medievale e moderna, che trovarono degna sistemazione nel Palazzo di Capodimonte. Del vecchio Museo Borbonico sicuramente non si è perso quel carattere di grande cantiere museografico. A partire dal 1957 prese la denominazione, ancora attuale, di Museo Archeologico Nazionale. Tra le opere di maggior pregio, custodite nel Museo e facenti parte della collezione Farnese, vi è il Toro Farnese, un gruppo scultoreo colossale che raffigura il supplizio di Dirce, condannata a essere legata alle corna dell’animale. Rinvenuta alle Terme di Caracalla a Roma nel 1545, è la più grande scultura ellenistica in marmo mai ritrovata, la cui attribuzione e datazione sono incerte. Altro meritevole capolavoro è L’Ercole Farnese, una scultura ellenistica in marmo alta 317 metri, attribuita a Glykon Ateniense e rinvenuta nel 1546 alle Terme di Caracalla, circa un anno dopo il Toro Farnese. Essa risulta essere una copia, databile al III sec. d.C., dell’originale bronzea creata da Lisippo nel IV secolo a.C.
La collezione Farnese di antichità fu la più celebre tra le grandi collezioni private romane, ed era desiderio del suo effettivo iniziatore, il cardinale Alessandro Farnese, che restasse per sempre nella città di Roma. Eletto poi papa con il nome di Paolo III nel 1534, a differenza dei suoi predecessori, propensi ad arricchire con reperti antichi i Musei Vaticani, il pontefice inaugurò un nuovo atteggiamento collezionistico, che divenne molto in voga a Roma. Nel 1541, alla ripresa dei lavori del Palazzo Farnese a Roma, il pontefice emanò un editto che dava alla sua famiglia il diritto di scavo nell’area romana, con lo scopo di ricercare marmi e statue da usare per decorare le residenze di famiglia. La collezione si incrementò notevolmente per opera del nipote del papa, anch’egli di nome Alessandro e cardinale, ritenuto uno dei più grandi mecenate del tempo. Collaborò, dal 1566 al 1589, alla costituzione di questo immenso patrimonio artistico, Fulvio Orsini, già bibliotecario del papa e uno dei più importanti antiquari dell’epoca. Con Alessandro la collezione di famiglia assunse dimensioni grandiose e l’enorme quantità di oggetti pregiati, il cui massimo livello era costituito dalle sculture, era concentrata nel palazzo romano. Dopo il trasferimento a Parma della famiglia, cominciò un periodo di decadenza. Nel 1731 il casato Farnese si estinse e l’eredità passò ai Borbone per il tramite di Elisabetta Farnese, moglie di Filippo V di Spagna. Il figlio Carlo di Borbone nel 1734, divenuto re di Napoli, vi trasferì qui le collezioni parmensi ereditate dalla mamma. Successivamente suo figlio Ferdinando IV nel 1770 chiese al papa il permesso di trasferire anche le collezioni romane nel nascente Museo Reale di Napoli.