Museo di Capodimonte, Napoli

Le origini del Museo di Capodimonte coincidono con le vicende storiche e dinastiche che nel 1734 portarono sul trono di Napoli Carlo di Borbone, figlio di Filippo V di Spagna e di Elisabetta Farnese, già duca di Parma e Piacenza. Traferitosi nella nuova capitale del Regno, portò con se le collezioni farnesiane ereditate dalla madre, costituita da dipinti, disegni, bronzi, cammei e reperti archeologici, allora sistemati tra le residenze del ducato di Parma e Piacenza e il Palazzo Farnese a Roma. Dispose nel 1736 il trasferimento via mare da Genova delle raccolte che furono custodite, in pessime condizioni espositive, nell’antico Palazzo Reale, in attesa di essere trasferite in una più adeguata sede espositiva. Carlo di Borbone e i suoi ministri avevano già scelto per esigenze di corte, ma anche per la sistemazione definitiva delle parti più importanti e consistenti delle collezioni, la collina di Capodimonte per la costruzione della nuova Reggia.

Il progetto della Reggia di Capodimonte fu affidato ad un ingegnere militare, il siciliano Giovanni Antonio Medrano. Il Medrano elaborò tre distinti progetti e il 7 febbraio 1938 fu scelto quello documentato nella pianta oggi conservata nello stesso Museo di Capodimonte e che prevedeva la costruzione di un vasto edificio a pianta rettangolare e con rigorose facciate in stile dorico. Sin da subito il palazzo fu oggetto di visita da parte di personaggi illustri, artisti e letterati (Winckelmann, Canova, Goethe), durante le tappe dei loro Grand Tour, nonché di membri delle più importanti corti europee. Dopo la formazione del regno napoleonico sotto la corona di Giuseppe Bonaparte prima e del cognato Gioacchino Murat dal 1808, la reggia fu oggetto di nuovi ampliamenti, continuati con il ritorno di Ferdinando di Borbone nel 1815. Con l’Unità d’Italia la Reggia di Capodimonte passò ai Savoia. Le collezioni furono riordinate da Annibale Sacco, direttore amministrativo della casa Reale, e arricchite con il trasferimento, dalla Reggia di Portici, del celebre Salottino di porcellana della regina Maria Amalia di Sassonia. Negli stessi si avviò una vasta operazione di acquisti di opere d’arte contemporanea, oggi conservate nella Galleria dell’Ottocento. Dopo la seconda guerra mondiale, il palazzo fu destinato a Museo e ebbero inizio i lavori di adeguamento nel giugno del 1952, estesi anche al piano nobile, completati in cinque anni. La nuova struttura museale, intitolata Museo e Galleria Nazionale di Capodimonte, fu solennemente aperta al pubblico il 5 maggio del 1957.

I capolavori esposti nel Museo sono incommensurabili e di valore inestimabile. Come non citare il celeberrimo Ritratto di giovane donna o Antea di Francesco Mazzola detto Parmigianino, l’olio su tela, datato 1535 circa. Il Ritratto del cardinale Alessandro Farnese di Tiziano Vecellio e l‘Annunciazione del 1560-65 circa, opera proveniente da San Domenico Maggiore come il magnifico dipinto di Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio, la Flagellazione di Cristo del 1610. Realizzato nell’ultimo anno di vita dell’artista, nel dipinto è inconfondibile la luce che dall’alto illumina il Cristo, un carattere distintivo della pittura caravaggesca. Impossibile dimenticare, per la collezione Borbone, il San Girolamo nello studio di Colantonio del 1445, realizzato secondo tecnica mista su tavola. Un’importante testimonianza della pittura del Quattrocento è la Crocifissione di Masaccio, l’iniziatore del Rinascimento a Firenze. Il dipinto, tempera su tavola del 1426, faceva parte originariamente del Polittico di Pisa, poi smembrato e andato in parte disperso, di cui costituiva il corpo centrale. Bellissima la ricchissima sezione dedicata allo scultore napoletano Vicenzo Gemito. Una recente donazione del 2014 ha arricchito il museo di una delle raccolte più ricche del grande Gemito, tra sculture, disegni e autoritratti unici. Troviamo anche il Ritratto di Ludovico Gonzaga di Andrea Mantegna, realizzato nel 1470 e una splendida Madonna del Divino Amore di Raffaello Sanzio e aiuti, realizzata nel 1516 e appartenente alla collezione Farnese. Di recente acquisizione è invece il Davide con testa di Golia, capolavoro di Giovan Battista Spinelli. Non tutti sanno che al Museo di Capodimonte vi è una copia del grandioso Giudizio Universale della Cappella Sistina di Michelangelo Buonarroti. Tale riproduzione fu commissionata dal cardinale Alessandro Farnese nel 1549 a Marcello Venusti, pittore di formazione lombarda e abile copista del Buonarroti, che realizzò la copia dell’affresco in tempera su tavola. L’opera del Venusti è l’unica che consente di poter paragonare l’affresco di Michelangelo prima e dopo il restauro avvenuto negli anni ’90. Concludiamo con l’arazzo di William Kentridge concesso in comodato dalla Galleria Lia Rumma, che rappresenta l’artista sudafricano in Italia. L’opera, che rielabora in chiave contemporanea una tecnica tessile tradizionale, dialoga efficacemente con gli arazzi d’Avalos, che raccontano la vittoria di Carlo V nella battaglia di Pavia. Nel caso del lavoro di Kentridge la storia continua ad essere presente nella carta del Regno di Napoli alla data 1786, realizzata dal De Saint Non, carta sulla quale, però, cavalca un antieroe della contemporaneità. Un esempio di come un opera della modernità possa integrarsi completamente con la storia che identifica una città, in questo caso Napoli e la sua Reggia di Capodimonte.

Questo sito non utilizza i cookie. Per migliorare la tua esperienza di navigazione in alcune pagine sono presenti cookie di terze parti. Acconsenti all’uso dei cookie. Cliccando qui trovate l'informativa estesa.