Centro Per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci
Segnaliamo il centro per l’Arte Contemporanea di Prato “Luigi Pecci” riaperto poco meno di un anno fa (16 ottobre 2016) a seguito di tre anni di chiusura e una ristrutturazione costata ben 15 milioni di euro. Il vecchio edificio realizzato da Italo Gamberini è stato riqualificato dall’architetto sino-olandese Murice Nilo e si presenta attualmente fasciato da una forma serpentina e dorata. La sembianza avveniristica ad anello da nuovo sviluppo degli spazi interni in cui troviamo esposte le opere dei più grandi artisti. Della collezione permanente fanno parte le opere e le installazioni di Mario Merz, Jan Fabre, Michelangelo Pistoletto, Vito Acconci, Lucio Fontana, Andy Warhol, Bruno Munari, Jannis Kounnelis, Sol Lewitt, Superstudio, Fabio Mauri, la cui stessa installazione “Luna” era presente al Museo Madre di Napoli durante la “Retrospettiva a Luce Solida” in merito alla quale ci siamo già occupati. Splendida l’installazione “Transarquitetonica” di Henrique Oliviera, artista brasiliano, realizzata per la mostra inaugurale del Centro “The end of the world”.
Lo spettatore entra in una sorta di tunnel che si ristringe sempre più, un cunicolo cavernoso che lungo il percorso cambia materia e diametro e la sorpresa finale è stupefacente. Una vera arte partecipata, in cui il visitatore rimane in suspense fino alla fine senza capire dove porta tale percorso, per scoprire di essere condotti a un’insolita uscita, un magnifico tronco di albero sradicato. Si ha la sensazione di essere trasportati in un’atmosfera fiabesca, irreale e unica nel suo genere perché inserita in un contesto museale dalla veste moderna, il contrasto è molto interessante. Attualmente in programmazione fino al 1 ottobre 2017 la mostra “TU 35 EXPANDED” dedicata ai giovani artisti della scena contemporanea, e la mostra a nostro avviso molto più interessante “COMPORTAMENTO. Biennale di Venezia 1972. Padiglione ITALIA.” Con questa esposizione si fa un tuffo nel passato, al 1972, vedendo con i propri occhi e così deducendo lo stato dell’arte in quell’anno e gli artisti che chiaramente hanno lasciato il segno. Mario Merz, Luciano Fabro, Franco Vaccari, Germano Olivotto con i suoi “Tubi di Luce” al neon installati sugli alberi e uno straordinario ed eclettico Gino De Dominicis, che mai volle categorizzarsi e legarsi ad un’unica forma e visione dell’arte. In esposizione il suo irriverente “Manifesto Funebre” (1969). In questa mostra viene ricreato lo spazio espositivo del Padiglione Italia di Venezia 1972 e grazie alle immagini fotografiche possiamo effettuare un raffronto e verificarne la veridicità. Così come i cataloghi, le brochure e i giornali possono farci percepire il contesto storico-sociale ed il lessico usato all’epoca dalla stampa, sicuramente di minor tatto e più rude per quanto concerne alcune tematiche. Forse semplicemente cambia la percezione delle cose nel corso dei decenni, oggi alcuni termini non sarebbero mai usati perché ritenuti offensivi e un portatore di handicap non avrebbe probabilmente fatto così scalpore seduta sull’opera di De Dominicis “Seconda soluzione di immortalità (L’universo è immortale)”. Non avrebbe causato una querela all’artista e al suo assistente, con l’accusa di circonvenzione di incapace poi prosciolta nel 1973, un vero caso nazionale. Consigliamo il catalogo della mostra per maggiori approfondimenti e l’ultimo libro di Francesco Bonami, sull’attuale stato dell’arte, già in precedenza da noi segnalato in occasione della mostra “Ytalia” in corso al Forte Belvedere di Firenze. Proprio al Centro Pecci il 18 settembre 2017 Bonami presenterà questo libro e interverranno il direttore del centro Fabio Cavallucci e Fabrizio Moretti, il presidente della “30° Biennale Internazionale dell’Antiquariato” prevista al Palazzo Corsini di Firenze dal 23 settembre al 1 ottobre 2017.
Consigliamo il libro di Andy Wharol “La Filosofia di Andy Wharol”, in particolare pagina 180. Qui Wharol scrive, in occasione di una lunga conversazione tra A e B sulle manie e pulizie di B, “Arte nel Cesso e Arte nella Vasca”. Chissà se anche questo libro e la citazione nello specifico, oltre ovviamente all’opera di Maurizio Cattelan “America” (2016), sia stata fonte di ispirazione per Francesco Bonami nella stesura del titolo del suo recente libro.
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